sabato 27 maggio 2017

Fayum


sono passate quasi due settimane e riprendo un po' di immagini di quel giorno. Partenza, saluti ad Hani (tassista di fiducia), preparazione delle mappe nella mia testa, incomunicabilita' e sorpresa assicurata. La mia macchina, il taxi. Paesaggio urbano ormai gia' visto 3 o 4 volte, e ogni volta ricco di particolari, visivi, olfattivi e auditivi. Ma soprattutto emozionali: non c'e' altro modo di descrivere un uomo su una moto che trasporta una cesta di oche sul portapacchi; la vista delle piramidi; bei palazzi con devastazione delle casse dell'aria condizionata in facciata: questa è Fayum Rd. E, superate le piramidi, mi coglie il desiderio di essere gia' di ritorno, e di aver già vissuto cose straordinarie, sapendo che per nulla mi tirerei indietro in questo momento. Ma la strada va avanti mentre quelle di fianco portano al nulla.
La strada è una desert road, ai lati tanta immondizia, sulle dune, dove ci sono i cespugli, si sono impigliati e fermati mucchi di spazzatura, di plastica.
A destra, lungo la strada, si snoda uno strano paesaggio come una teoria di abitazioni viste nei disegni di Toppi, abitazioni basse e arabescate. Senza vita. Avanti per circa 6 o 7 chilometri. Lo immagino ma chiedo a Hani che mi fa capire che è una città dei morti: slamiya ua kipti, che ora che ci penso significa cimitero sia musulmano che copto. Infatti si intravede qualche campanile e qualche minareto.

Hani guida in mezzo alla strada, ma rimane un virtuoso con la macchina (harbeya): mette la cintura quando la metto io, guida a velocità giusta, non suona tanto. Ma mi ha stupito quando ha fermato la macchina in mezzo all'autostrada fermando poi una macchina in arrivo per chiedere la strada per arrivare dove dobbiamo arrivare. E' niente in confronto a quello che vedo: il senso della strada non è solo quello longitudinale monodimensionale. La dimensione orizzontale vuol dire che le auto possono attraversare la strada come i pedoni o tagliare la strada per andare verso destra mentre viaggiano alla tua sinistra.

La prima tappa è Kernis, un sito archeologico un po' deludente, dato che non è rimasto molto, che si trova a destra uscendo dalla strada che continua per il centro di Fayum "city". Si passa in qualcosa che mi ricorda un distretto della ceramica industriale.
Hani parla con le persone, con i poliziotti che ci aprono il cancello, che ci danno consigli e alla fine un uomo mi dice che "non avremo più bisogno delle indicazioni perchè la polizia ci accompagnerà". Di nuovo in macchina penso che la volante superaccessoriata davanti a noi ci debba solo accompagnare sulla Lake touristic road, ma in realtà ci dovremo abituare, perchè la polizia non ci mollerà più fino al ritorno, già ben avviati sulla strada per il Cairo. Sono 4 persone calashnikovizzate: il capo è giovane e sulle prime (e sulle seconde) non mi piace. Provando a dirgli di lasciarci andare da soli creiamo imbarazzo e poi irritazione: siamo obbligati a viaggiare in compagnia. Alla prima sosta penso che vorrei tornare indietro, che sono molto seccato, penso che il mio autista di fiducia preferito non capisca un gran che... Gli ho disegnato su un foglio le 2 macchine, la nostra e la loro, e la nostra tirava dritto mentre la volante faceva una svolt a a U e se ne tornava indietro. Ho anche chiamato la mia collega perchè si facesse spiegare. Insomma, pare che sia una forma di cortesia e di protezione, e che non ci sia  veramente nessun pericolo reale, ma che sia abbastanza di prassi che se un tirusta arriva in certe zone senza un viaggio organizzato, la polizia si curi che non ti succeda niente. "Hani! ma se non andiamo da soli, come faremo a fermarci quando lo vorremo, fare un acquerello, fumarsi una sigaretta lungo il lago...!"

martedì 9 maggio 2017

Venerdi a Dashur



Piramide di Dashur romboidale

Dashur è il sito archeologico più a sud che io abbia raggiunto. Un'ora e un po' dal Cairo. In macchina con Hani solite strade sconnesse per uscire dalla città fino a raggiungere la strada che costeggia un canale e passa attraverso palmeti, fitti come boschi. Siamo nel sito prima delle 9 e troviamo gente che si è radunata lì vicino per festeggiare qualcosa, che non è interessata a quello che bramo. Il sito è ancora in mezzo alla zona militare.

Per la prima volta...È una frase che mi ripeto. Prima volta che ho visto, sentito parlare di Dashur è stato pochi mesi fa su una rivista e mi pareva come se fosse stato scoperto da poco.
Prima volta che ho la sensazione di essere solo sulla terra a vedere una cosa straordinaria e voler condividere questa emozione senza poterlo fare.
Prima volta che incontro il deserto, una distesa intorno a me, interrotto solo dalla piramide di Dashur, dalla piramide rossa e dalla piramide nera.

Mi fermo a disegnare proprio la piramide nera, perchè è la più distante e nella sua indefinitezza mi sembra quella più semplice da dipingere. Invece è difficile ricevere un risultato che mi soddisfi. Forse sto perdendo la mano e prendo l'abitudine di fare altre cose invece che acquerellare. A casa, la sera, spesso guardo la tele, e mi pare di perdere tempo con l'inguardabile, dai tg a tutto il resto in lingua.

Ho toccato il fianco della piramide come mi è stato suggerito dalla guida (libro): su buona parte della piramide di Dashur è ancora presente lo strato di calcare che funzionava da intonaco, ricoprendo i gradini. Non è come toccare il marmo del Partenone, ma assomiglia di più al travertino di Roma, ma è più liscio.

Chiedo ad Hani se ci possono essere i serpenti. Serpente si dice "tha been". Ma mi rassicura. Amo le mie scarpe da week end, comode, dello stesso colore della sabbia, che mi portano dove vuole il mio essere, da solo.

Quattro ore di meditazione pensando a poche cose. Pensando alla prossima volta che tornerò.