Dashur, la Piramide Nera
22 settembre
Dal Cairo è necessario uscire almeno nel week end. Il sito di Dashur è come villa Pamphili a Roma, dove ci si purifica i polmoni. Qui in verità l'immensità e la solitudine sono totali e l'unico rumore è quello del vento. Penso che non è il vento che fa rumore ma sono io, le mie orecchie a produrlo. Per cui se mi smaterializzassi non ci sarebbe nessun rumore, nessun suono.
Con me c'è Hany. Mentre disegno, lui forma una piramide di sassi. Al culmine mette un sasso graffito con scritto "Hany". E' la Hany Pyramid.
Vorrei che questi momenti rimanessero vivi nella memoria, e queste immagini negli occhi più a lungo, per consolare lo "squallore" e la "fatica" del quotidiano. Ma non è così e allora l'acquerello è tutto quello che resta. Per questo è importante che venga bene.
Vale la pena tornare nei luoghi e riprovare, finchè il prodotto sia degno dell'idea e possa sostituire il ricordo dell'originale.
Sulla sabbia il vento trasporta sacchetti di plastica come branchi di cani randagi.
Lungo la strada, all'andata e al ritorno, torreggiano le palme cariche di datteri, rossi, gialli o bruni. E' il segno della nuova stagione agricola, che segue a quella del mango.
I rami delle palme che portavano i datteri, tagliati, vengono disposti per traverso sulla strada e servono come bande rumorose per rallentare le automobili.
Sui bordi dei canali l'immondizia, giusto per ricordarmi dove sono.