giovedì 18 ottobre 2018

Zamalek
Vivere a Zamalek è vivere in un microcosmo -
In una città di 20 milioni di persone che ha un'estensione grande come la provincia di Roma, tutto si consuma e si compie a Zamalek
Il traffico e il rumore di Z, i marciapiedi, quando ci sono, di Z, il lavoro, i poveracci e i poveri diavoli di Z, il supermercato e il supermercatino, i taxi, le pasticcerie, gli ambulanti di Z, l'uomo dell'acqua, l'uomo del ferro vecchio, la donna degli asciugamani (fawat, fawat!!!), il parco, il club, il golf a Zamalek, il controllo d' sicurezza sulla strada che dal ponte immette in Zamalek. Insomma, una fortezza post-moderna che difende da un paese che c'è intorno che mi è sempre più misterioso e che conosco sempre di meno.
Questa mattina il tassista parla in italiano: "mi sono pentito di essere venuto via dall'Italia 15 anni fa. Facevo il cuoco pizzaiolo". Non voleva essere pagato. Questa sera l'uomo in macchina ha voluto passare a tutti i costi, non lo sfiorava l'idea di farmi attraversare. Contrasti. Così come è difficile capire, entrare nella testa delle persone che a Zamalek ti stanno vicino, o ti stanno "vicine".
Mi è capitato più di una volta di essere fuori Z per lavoro e fermare un taxi, chiedere di portarmi a Zamalek e di ricevere risposta negativa. La città si sta espandendo verso fuori, verso Sokhna, verso Ovest: l'isola non si riproduce, invece e rimane sempre più fine a se stessa. E allora viene considerata dai poveri diavoli di fuori come un non luogo, che non viene ricompreso nel sollevamento della terra, della gente. Z viene allora emarginata.

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